“un giorno io così lontano …” – 10 anni senza Antonio Caldarella
di Marta Cutugno
Siracusa, 5 Aprile 1959 – Avola, 3 Febbraio 2009
10 anni senza Antonio Caldarella, poeta, pittore, drammaturgo, attore, autore e regista.
Nessuno che lo abbia conosciuto o incrociato almeno una volta, personalmente o indirettamente grazie all’intensità dei suoi scritti, riesce oggi ad accostarsi al ricordo di Antonio Caldarella, artista e uomo, senza riportarne la straordinaria sensibilità e la versatilità brillante. Un talento puro che a partire dal 1977 ha lavorato per il teatro, il cinema e la televisione, ha preso parte a prestigiosi Festival Internazionali di Cinema e Teatro ed ha pubblicato diverse raccolte poetiche.
Per rendere degno omaggio all’Arte ed alla produzione di Antonio Caldarella, Carteggi Letterari sta raccogliendo documenti e testimonianze che confluiranno in uno spazio di prossima pubblicazione interamente a lui dedicato. Oggi alleghiamo due poesie: “un giorno io così lontano …” in “La luna sfogliata dal vento” del ’91 (Libreria Editrice Urso) e “La vertigine del foglio bianco…”, un estratto da “Blocco Notes d’Artista” del ’95 che possiamo ascoltare dalla sua viva voce nel video che segue, caricato sul suo personale canale Youtube il 6 dicembre del 2008, appena due mesi prima della prematura scomparsa.
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da Blocco Notes d’Artista (Edizioni Gepas, 1995)
La vertigine del foglio bianco,
il mare di neve cosparso da ossi di seppia,
la liquida tranquillità del raccontarsi,
il senso del perdersi
in geroglifici sulla sabbia,
nel vento delle frasi.
Germogli di baci sul tuo collo,
mentre si apre una porta sull’alba sicura
nella quercia all’angolo del prato,
un prato di parole sussurrate
tra il cinguettio degli uccelli
e ripetute nel ritmico richiamo del grillo.
L’attesa della tua risposta
tutta in un bocciolo di rosa
guardato a vista dal bicchiere pieno a metà
di palline di vetro colorate,
dove la posero appena sbocciata
e a cui dedicherò i miei sguardi
mentre la musica riempie la stanza
e la candela ne rischiara gli angoli,
dove il ragno ha teso fili
per equilibrismi animali mai applauditi.
Un circo nella stanza in cui ti penso,
un circo dove non avviene niente,
dove soltanto i miei occhi sono pieni
di risate,
di schiaffi di clown,
le dita delle mie mani odorano
di segatura,
di cenere,
di troppe sigarette spente
nel non averti qui,
seduta vicina
in questa sedia da cui guardo
il trapezio immobile di una lampadina da 100 watt
che illumina questa macchina da scrivere,
gli acquerelli e questi fogli bianchi da riempire,
per farti arrivare il calore da phone
di un piccolo “ti voglio bene”
scritto sui vetri appannati.
C’è molto da scrivere,
sui muri,
sui vetri,
sulle pareti interne della casa,
da scrivere con le linee
dell’intreccio delle nostre mani
e dei nostri occhi,
col vapore dei bagni fatti insieme
e col liquido che bagna le nostre labbra secche
e i nostri sessi appagati.
C’è molto da dirsi
al confine di questa notte
che vorrei rischiarata da lampare
e illuminata da una piccola falce azzurra di luna
che presagisce
l’ingiallire del grano nei campi
e preannuncia il pane
impastato dalle mie mani,
mentre tocco le tue scapole,
ti parlo d’amore
e mi rammarico dell’assenza di ali,
ma ciò le rende uguali alle mie
ed allora
costruisco ali
con piume di cera
e penne
e fogli bianchi
e francobolli baciati.