Taormina Opera Stars: l’Aida al museo per la regia di Stinchelli
di Marta Cutugno
Sold-out e un traboccare di spettatori al Teatro di Tauromenion per l’ultimo appuntamento del Taormina Opera Stars alla sua prima edizione, il Festival con la direzione artistica di Enrico Stinchelli, organizzato dall’Associazione Aldebaran e dalla Euro Artists Management. Nelle precedenti serate, la Nona Sinfonia di Beethoven diretta dal maestro Silvia Casarin Rizzolo, il “Nabucco” e “La traviata” – con quattro Violette in scena ed un nudo integrale – il Gran Galà “L’ItaliaInCanta” – dedicato alle più belle canzoni e romanze italiane – ed il concerto “The Rite of Rock” con il violoncellista di fama internazionale Giovanni Sollima insieme a Monika Leskovar, Giuseppe Andaloro e Giuseppe Gullotta.
Ieri sera, la chiusura del Festival è stata affidata all’intramontabile “Aida” di Giuseppe Verdi, l’opera drammatica su libretto di Antonio Ghislanzoni che racconta le inquietudini della principessa etiope e schiava egiziana, il suo animo combattuto tra l’amore per la Patria ed il padre, il Re Amonasro, e la forte passione che la lega al giovane e prode capitano delle Guardie Radames, amato anche da Amneris, figlia del Faraone. L’opera, che venne rappresentata per la prima volta al Teatro Khediviale dell’Opera del Cairo il 24 dicembre 1871, è ambientata a Menfi e Tebe, nella magnificenza del periodo faraonico. Il ricco e suggestivo sfondo del Teatro Antico di Taormina, già immane patrimonio a se, ha fatto da splendida cornice alla regia e scene di Enrico Stinchelli, con Maria Grazia Bonelli assistente alla regia.
La scenografia – opera de “La Bottega Fantastica” – è stata in parte presa in prestito dal Nabucco del 16 agosto ma arricchita di particolari che palesemente richiamavano la tradizione: i due obelischi centrali che sorreggevano una grande sfera sospesa e statue di divinità egizie. Poche battute e da subito è possibile cogliere l’idea registica alla base, ovvero quella di intrecciare due dimensioni spazio-temporali – l’Egitto dei Faraoni di ieri ed un museo dei nostri giorni – accompagnate e simboleggiate da due silenziose figure, il custode del museo ed una elegante Dea, in un dialogo bilanciato tra filo narrativo operistico e realtà vissuta, più vicina allo spettatore. In apertura – a luci soffuse e tra sagome immobili – avanza il custode, l’agente di sicurezza, con torcia alla mano, durante uno dei consueti giri di controllo.
La solennità e l’imponenza richieste nell’opera – dal soggetto originale di Auguste Mariette – si incontra/scontra con il sempre attuale turismo selvaggio fatto di occhi curiosi, scomposti illeciti scatti e selfie con mummia. Il custode Bruno Turrisi (attore giarrese che nella serie TV “Squadra Antimafia – Palermo oggi” interpreta il questore Licata) supervisionerà, più avanti e con rigore, le scolaresche in gita e i figuranti/turisti muniti di macchine fotografiche; sempre lui, sulle note finali di “Ti schiuda il ciel”, inoltre, chiuderà la messa in scena puntando la torcia sui due corpi inermi di Aida e Radames al centro del palcoscenico. La Dea, Rosa Maria Scopelliti, più vicina ad una chiromante dalle sinuose movenze, animerà geroglifici in carne ed ossa e statue come morbide marionette.
Le scelte registiche di Stinchelli e la sua rilettura innovativa, peraltro non invasiva, piuttosto in equilibrio e oggettivamente priva di quegli eccessi di cui, spesso, l’opera lirica è vittima, non sono state promosse all’unanimità e sprazzi di ostilità da parte di pochi spettatori si sono manifestati più o meno in prossimità della Marcia Trionfale che ha visto sul palcoscenico la fusione dei due contesti temporali e la massiccia presenza di tutti i protagonisti. Comunque calorosa la risposta del pubblico che, in maggioranza, ha lungamente e più volte applaudito anche a scena aperta. Il disegno luci è risultato, come sempre, curato nei dettagli così come il generale movimento scenico. Graziose le coreografie di Alessandra Scalambrino per “Danza Taormina” ed apprezzabili i costumi. L’Orchestra, posizionata ancora una volta sul fondo del palco e dietro l’azione, si è confermata poco omogenea – anche se meglio che in Nabucco – e debole così come la direzione del maestro Eddy De Nadai. Abbastanza approssimativa la performance del coro diretto da Anelia Deceva.
Sul piano vocale, a reggere l’opera in termini di qualità, sono state sicuramente le due interpreti femminili: Mirella Leone, una Amneris emozionata in apertura e sempre più presente da “Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta” in avanti; e Alessandra Capici, un’Aida espressiva ed appassionata, dai suoni estremamente precisi e la spiccata forza comunicativa, pienamente immersa nel ruolo: intriso di grande pathos il suo “Ritorna vincitor!-Numi pietà”. Molto bene anche Antonio Di Matteo nei panni del Re: ottime le sue qualità vocali e la presenza scenica. Stesso plauso anche per AlessandroD’Acrissa che, nel suo breve intervento come messaggero, ha dimostrato grandi doti.
A completare l’eterogeneo cast: Roberto Di Candido (Radames), Mauro Buda (Amonasro, re d’Etiopia), Ernesto Morillo (Ramfis, capo dei sacerdoti) Lisa Dunk (Sacerdotessa).