“La mafia dei pascoli” – Nuccio Anselmo e Giuseppe Antoci: una “rivoluzione dell’onestà” dai Nebrodi a tutta Italia
di Marta Cutugno
“La mafia sui Nebrodi è come le foglie. Esiste da sempre. Se cade nel fango rinasce. Eppure in questi meravigliosi boschi profumati e circondati per decenni da un maledetto filo spinato sporco di sangue, una stagione nuova, difficile e tormentata, s’è aperta da quando, dopo una lunga scia di commissariamenti, alla presidenza di uno dei parchi più belli del mondo, nel 2013, s’è insediato un uomo che lotta per la Legalità, semplicemente applicando le regole. E creandone di nuove”.
La semplicità della determinazione. Giuseppe Antoci, uomo dello Stato come dovremmo essere tutti. Uomini e donne dello Stato, operatori di legalità, garanti della giustizia, ciascuno nel proprio piccolo mondo.
Le righe in apertura sono le prime de “La mafia dei pascoli”, ed. Rubbettino 2019, un libro di Nuccio Anselmo e Giuseppe Antoci, presentato sabato 16 febbraio al Teatro Vittorio Emanuele. A moderare l’incontro, organizzato dalla libreria “La Gilda dei Narratori”, il giornalista Francesco Musolino, alla presenza di Gaetano Silvestri, Presidente Emerito della Corte Costituzionale; Maria Carmela Librizzi, Prefetto di Messina; Mario Finocchiaro, Questore di Messina; Alessandro Notarstefano, Direttore Responsabile della “Gazzetta del Sud”; Maria Militello, Presidente della Giunta Anm di Messina; l’editore Florindo Rubbettino. Intervenuti anche il direttore editoriale della Gazzetta del Sud, LinoMorgante, e il Presidente dell’Ordine degli Avvocati VincenzoCiraolo.
(foto di Placido Sturiale)
Con la prima tappa messinese, il testo, pubblicato il 31 gennaio scorso e che vanta la prefazione di Gian Antonio Stella, inaugura un tour di quaranta presentazioni previste su tutto il territorio nazionale. Un percorso che principia non a caso dalla città dello Stretto: “Sono contento – ha spiegato Antoci – di partire da Messina con le presentazioni di questo libro. Parte tutto da qui, da questa città, da quella Prefettura, dalle tante persone che insieme a me si sono ritagliate questo “pezzo di dignità”.
Un ampio dibattito sulla truffa all’Europa, un “businnes che si calcola abbia potuto fruttare circa sette miliardi di euro potenziali negli ultimi dieci anni” e l’attentato scampato a Giuseppe Antoci, allora Presidente del Parco dei Nebrodi che insiediatosi ad ottobre 2013, “da uomo economico – come si legge a pag 22,23 – ha cominciato a studiare tutto e ha compreso che l’interesse dei clan non si fermava alle attività tradizionali nel suo territorio, ma era incentrato soprattutto sullo sfruttamento dei terreni attraverso l’erogazione dei contributi, riuscendo a incanalare verso le aziende mafiose fiumi di denaro dai fondi europei. E con grande coraggio ha buttato fuori da quelle terre i clan attraverso la creazione di un “Protocollo di Legalità”, che dapprima è stato adottato all’interno del Parco, poi in tutta la Sicilia e infine è diventato una legge dello Stato”.
(Da sinistra Florindo Rubbettino, Giuseppe Antoci e Nuccio Anselmo – foto di Placido Sturiale)
A segnare su carta questo carico di informazioni ed emozioni, il giornalista e scrittore Nuccio Anselmo, cronista di “giudiziaria” della Gazzetta del Sud che, insieme ad Antoci, ha ripercorso fatti e circostanze, “per sviscerare – come lui stesso ricorda – tutto quello che era possibile sviscerare, ogni angolazione della storia, per poi mettere insieme tutto il materiale, giorno dopo giorno, notte dopo notte”. Anselmo si sofferma sulla valenza civile e sociale di questa vicenda, sulla necessità di raccontarla anche oltre i confini della provincia messinese, perché “la lotta alla mafia – dice il giornalista – siamo abituati a vederla sempre da un punto di vista repressivo e delle operazioni antimafia. Questa, invece, è una storia della mafia che viene combattuta non voltandosi dall’altra parte”.
“La mafia dei pascoli” è un testo-testimonianza che dedica una corposa sezione centrale al dialogo con il Presidente, ripercorrendo tutte le fasi che hanno condotto alla stesura ed alla successiva approvazione della norma ma non dimentica di riportare alla luce la componente prettamente umana, i rischi ed il coraggio di tanti altri servitori dello Stato e le conseguenze estese a tutta la famiglia, stravolta nella sua quotidianità. E per comprendere meglio, Anselmo ha raccontato delle dinamiche mafiose in quel territorio, di Cosa Nostra tra Barcellona e i Nebrodi, con dettagli sulla catena di omicidi ancora irrisolti e sul primo grande processo contro il racket dei clan tortoriciani.
Oggi, il Protocollo Antoci è parte del Nuovo Codice Antimafia, approvato alla Camera dei Deputati il 27 settembre del 2017. Poco più di un anno prima, l’attentato a Giuseppe Antoci, sventato soltanto grazie alla blindatura dell’auto e all’intervento armato del vice questore Daniele Manganaro e degli uomini della sua scorta. “La scelta era semplice – ha commentato Antoci – e ha sbarrato la strada a coloro che pensavano di mortificare le persone per bene che sono tantissime in quei territori della Sicilia e che si alzavano la mattina per andare a lavorare e tentare di portare avanti uno degli strumenti più importanti per il nostro paese che è l’agricoltura. E pensando di poterlo fare fregando lo Stato e accaparrandosi fondi pubblici. Noi ci siamo messi di traverso e l’abbiamo fatto sapendo, capendo cosa stavamo scoperchiando, ma la vita è fatta di scelte. A volte si pensa di trovarsi davanti ad un bivio ma quel bivio deve trasformarsi in un’autostrada perché davanti alla dignità, alla serietà, all’esercizio del proprio dovere, non devono esistere bivi in questo Paese, perché altrimenti si rischia di finire ammazzati facendo il proprio dovere”.
Con parole spezzate dall’emozione, Antoci, che è sotto protezione dal dicembre 2014, ha parlato della notte tra il 17 e il 18 maggio del 2016. Il suo racconto, con la descrizione di quei minuti di inferno, il percorso che lo aveva condotto fino a lì e la consapevolezza che niente sarebbe più stato come prima per lui e la sua famiglia, ha commosso tutti i presenti perché intriso di una profonda dimensione umana, commozione amplificata dall’ascolto di alcuni estratti del libro nella lettura intensa e sentita dell’attore e regista Ninni Bruschetta.
“Senti papà tu devi fare una cosa per me”. “Dimmi”. Lei mi guardò e mi disse: “Papà non devi fermarti, lo devi fare per me, per le mie sorelle, lo devi fare per questa terra, tanto ci siamo noi con te” (pag. 63,64)
(Ninni Bruschetta e Nuccio Anselmo – foto di Placido Sturiale)
Un messaggio di normalità, di adempimento del proprio dovere di cittadini onesti e di applicazione immediata della legge che vuole arrivare a tutti, ed in particolare modo ai giovani e ai giovanissimi perché più informati e consapevoli abbraccino la legalità quale concetto radicato e semplice. Prima dei saluti, l’ultimo pensiero di Anselmo ed Antoci è andato a due agenti scomparsi, il sovrintendente capo Rino Todaro e l’assistente capo Tiziano Granata, deceduti un anno fa a poche ore di distanza l’uno dall’altro, entrambi impegnati nella lotta alle agromafie dei Nebrodi. A loro, “grandi servitori dello Stato” va la dedica degli autori.
G.Antoci:”Questa è una terra che non ha bisogno di simboli ed eroi, ha solo bisogno di normalità. Fare il proprio dovere deve essere normale“.
La mafia dei pascoli – Rubbettino editore