HERMITAGE 250° ANNIVERSARIO un film di Margy Kinmonth
di Marta Cutugno
Il 14 Ottobre, e solo per un giorno, le sale cinematografiche hanno ospitato il Film di Margy Kinmonth “HERMITAGE”, celebrandone il 250esimo anniversario. Parte il filmato e virtualmente ci si ritrova in uno dei luoghi d’arte più ampi e rinomati al mondo, percorrendo, insieme alle telecamere, quelle enormi scale in marmo, rivestite da tappeti rossi e ricche di particolari color oro alle pareti, che conducono alle sale di esposizione delle collezioni. A far da Cicerone, per la maggiore, l’attuale direttore del Museo, Mikhail Piotrovski, insieme a curatori, studiosi ed esperti: il loro narrare ha accompagnato lo spettatore durante questo viaggio alla scoperta di un immenso ed elegantissimo labirinto dalle innumerevoli stanze, che fu testimone non solo di due secoli di storia zarina, in quanto reggia imperiale degli zar Romanov fino al 1917, ma anche di guerre e rivoluzioni che ne misero a rischio struttura e opere d’arte. Come è noto, il Museo fu ideato da Caterina la grande e ospita una delle più ampie collezioni d’arte del mondo (oltre tre milioni di pezzi) con opere – solo per citarne alcuni- di Da Vinci, Caravaggio, Filippo Lippi, Giorgione, Casanova, Canova, Degas, Gauguin, Matisse, Monet, Picasso, Renoir, Rembrandt, Van Gogh, Velazquez. L’estesissimo Museo comprende cinque edifici (il Palazzo d’Inverno, il Teatro dell’Hermitage, il Piccolo, il Grande e il Nuovo Hermitage) e si estende – occupandone una parte – fino al Palazzo dello Stato Maggiore. La forte e determinata Caterina, nel 1764, fece costruire un rifugio che chiamò Petite Hermitage, accanto al Palazzo d’Inverno, per sfuggire alla caotica vita di corte e ammirare privatamente i suoi quadri, che aumentarono a dismisura nel tempo grazie all’ acquisizione continua di collezioni giunte da diverse parti del mondo. La pellicola cinematografica di Kinmonth ha l’apparenza di una visita guidata ma il carattere di un documentario storico. Molte, infatti, le curiosità, gli aneddoti emersi dalle interviste proposte, attraverso racconti ricchi di particolari, che hanno tracciato un excursus chiaro dalla fondazione ai giorni nostri. Impossibile, ovviamente, aspettarsi di posare lo sguardo su tutte le opere esposte e, di conseguenza, non numerosi i riferimenti e gli approfondimenti stilistici. La storia di questo luogo d’arte è partita dalla irresistibile passione di Caterina per il collezionismo e il desiderio di elevare culturalmente la sua Russia per renderla al pari dell’Occidente, passione, questa, ereditata e portata avanti anche dai successori della dinastia Romanov. Terribile l’incendio del 1837 che, fortunatamente e per la prontezza di intervento dei curatori del tempo, non causò danni alle opere. Nel 1852 l’esposizione divenne pubblica anche se ristretta ad un numero di eletti fino alla rivoluzione. Molti documenti fotografici, mostrati nel film, testimoniano, inoltre, le due grandi “evacuazioni” del Museo: durante la rivoluzione del 1917 e durante la seconda grande guerra, tutto venne accuratamente imballato e caricato su tre treni segreti con destinazione Mosca al tempo della caduta dello zar e verso gli Urali durante i bombardamenti nel secondo conflitto. Testimoni raccontano che i soldati russi sopravvissuti alla seconda guerra mondiale, stanchi e stremati, poco dopo il rientro dal fronte, furono portati a visitare l’Hermitage: una guida descriveva dipinti e statue mentre loro sostavano dinanzi a cornici e basamenti vuoti con, negli occhi, la serenità di chi si sente a casa. Interessante osservare con quale attenzione sono conservati, per esempio, gli splendidi abiti di Caterina o constatare che alcune delle immense stanze che ospitavano gli zar adesso sono occupate dai restauratori. Insieme al direttore, le telecamere hanno avuto eccezionalmente accesso anche ad un grande “scrigno” segreto fatto di piccoli cassetti colmi di gemme con incisioni, ciondoli e cammei, realizzati, per volere di Caterina, dai migliori artisti del settore. Non sono mancate inquadrature mozzafiato sui preziosi oggetti in antico oro degli Sciiti, sulle porcellane e le armature dell’Arsenale e naturalmente su particolari di numerose sculture e dipinti, uno fra tutti la Madonna Litta, famosa non solo per l’incerta paternità che vede opporsi Leonardo da Vinci e il suo allievo Giovanni Antonio Boltraffio, ma anche perché all’Hermitage risulta, insieme alla Madonna Benois di Leonardo, una delle opere che ispirano lunghe soste meditative ai moltissimi visitatori. Tutto ciò che non ha trovato spazio nell’esposizione dell’Hermitage, trattandosi perlopiù di pezzi di arredamento appartenuti agli zar, si trova in una sede staccata al Museo che anche se, per definizione, prende il nome di Magazzino, è un edificio concepito, al suo interno, come una immensa vetrina, così da assolvere a una doppia funzione: conservare e custodire tesori con criterio e attenzione e allo stesso tempo renderli fruibili all’occhio del visitatore. L’Hermitage ha sedi staccate ad Amsterdam, Londra, Las Vegas, Kazan e Ferrara.