Etty Hillesum e il filo spinato tra memoria corta e giusta memoria
di Marta Cutugno
Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche raggiunsero il campo di concentramento di Auschwitz e liberarono i superstiti. Dalla loro voce, il mondo apprese l’orrore folle del genocidio nazista. Il 1 novembre del 2005, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite designò il 27 gennaio come Giornata Internazionale della Memoria per le vittime dell’Olocausto. Giornata della memoria, memoria ovvero capacità di riconoscere e ricordare immagini e sensazioni di un’esperienza passata, localizzarla ed incastonarla nel tempo e nello spazio. Ma cosa ha insegnato realmente la storia? Che insegnamenti ha tratto l’umanità dalla persecuzione e dallo sterminio degli ebrei? E a cosa serve celebrare una Giornata della Memoria se una parte di questa umanità non ha ancora superato il filo spinato oltre cui non esistono discriminazioni? Dove sta il confine tra memoria corta e memoria giusta perché, in ogni parte del mondo, nessuno venga più perseguitato per motivi di razza, religione, disabilità o identità di genere?
Il 7 settembre 1943, Etty Hillesum saliva, insieme ai genitori e al fratello, sul treno che l’avrebbe condotta ad Auschwitz dove morì il 30 novembre dello stesso anno. Etty affida i suoi undici quaderni ad un’amica; uno di questi è andato perduto ma gli altri, grazie all’editore olandese J.G.Gaarlandt vengono pubblicati nel 1981 in versione ridotta e nel 1986 in versione integrale.
Etty Hillesum era nata il 15 gennaio 1914 a Middelburger, in Olanda, da famiglia borghese intellettuale ebraica ed era laureata in giurisprudenza. Studiò ed insegnò lingua e letteratura russa e fu devota discepola ed amica dello psicochirologo e psicoterapeuta tedesco Julius Spier, allievo di Jung. I primi appunti risalgono all’8 marzo 1941, giorno in cui incontrò per la prima volta Spier. Fermare su carta pensieri e riflessioni, significò per Etty lasciar scorrere un colloquio fitto ed intimo con se stessa: tra le sue righe, le amicizie, gli amori, la famiglia, i versi di Rainer Maria Rilke, il rapporto con Dio. Nei diari di Etty, la quotidianità intreccia desideri futuri, la natura umana incontra la presenza divina, in convergenza con i caratteri fondamentali della tradizione ebraica dell’est Europa: “tornare a se stessi, iniziare da se stessi, vivere con partecipazione e pienezza di presenza la vita quotidiana, sentirsi responsabili di ciò che accade nel mondo, riconciliarsi con i propri genitori, sentirsi solidali con tutti, anche con chi sbaglia”.
Dai Diari:
15 marzo 1941
“Ieri pomeriggio abbiamo scorso insieme le note che mi aveva dato. Quando siamo arrivati alla frase: basta che esista una sola persona degna di esser chiamata tale per poter credere negli uomini, nell’umanita, m’è venuto spontaneo di buttargli le braccia al collo. È un problema attuale: il grande odio per i tedeschi che ci avvelena l’animo. Espressioni come: “che anneghino tutti, canaglie, che muoiano col gas”, fanno ormai parte della nostra conversazione quotidiana; a volte fanno sì che uno non se la senta più di vivere, di questi tempi. Ed ecco che improvvisamente, qualche settimana fa, è spuntato il pensiero liberatorio, simile a un esitante e giovanissimo stelo in un deserto d’erbacce: se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest’unico tedesco meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero“.
9 giugno 1941
“Quando qualcuno ha imparato a “immergersi in se stesso”, allora sarà capace di immergersi senza riserve in un altro o nel suo lavoro, e si farà più quieto e meno frammentato, almeno così mi sembra”.
31 dicembre 1941
“Chi della propria vita i molti controsensi, grato, sa riconciliare dentro a un simbolo […]” Rainer Maria Rilke – “Libro d’ore”. “Nei tuoi momenti peggiori, non rinnegare i momenti migliori. La maggior parte delle persone, a dire il vero, è costantemente infedele ai suoi momenti migliori. Se alla desolazione del giorno sai ricavare il giusto posto nella vita, la disillusione, alla lunga, sarà impossibile. Perché saprai che anche la desolazione appartiene alla vita”.
13 marzo 1942
“L’altro, portarlo con se sempre e ovunque racchiuso in se stessi e la vivere con lui. E non solo con uno, ma con tanti. L’altro, accoglierlo nello spazio interiore e lasciare che li raggiunga la fioritura, dargli un luogo, nel quale possa crescere e dispiegare se stesso. Realmente vivere assieme all’altro, anche se non lo si vede mai per anni, permettere che viva in noi e vivere con lui, questo è fondamentale. E così, si può continuare a vivere uniti a qualcuno, protetti dalle vicissitudini esteriori della vita. Ciò comporta una responsabilità grande”.
16 aprile 1942
“E questo è vero, alla fine. Se anche il più piccolo dettaglio nella tua vita quotidiana non aspira a raggiungere l’armonia con le idee più elevate che tu condividi, significa che quelle idee non hanno senso”.
22 settembre 1942
“Bisogna vivere con se stessi come se si vivesse con un’intera folla di persone. E si impara, allora, a riconoscere in se stessi tutte le buone e le cattive caratteristiche dell’umanità. E bisogna per prima cosa imparare a perdonare a se stessi le proprie cattive caratteristiche, se si vuole saper perdonare agli altri. Questa è probabilmente la cosa più difficile da imparare per una persona, lo constato così spesso negli altri (in passato anche in me stessa, ma adesso non più): donare il perdono a se stessi per i propri errori e passi falsi. Ciò innanzitutto consiste nel saper accettare, generosamente accettare, che si compiono errori e si fanno passi falsi“.
Etty Hillesum – Diario 1941-1943, Adelphi
Etty Hillesum- Il bene quotidiano, breviario degli scritti 1941-1942, San Paolo