La Pastorale “poesia danzante” di Micha van Hoecke e l’Orchestra Cristallo del Vittorio Emanuele
di Marta Cutugno
Messina: Atmosfere sognanti e rarefatta eleganza sonora inaugurano la stagione 2015/2016 del Teatro Vittorio Emanuele. Primo appuntamento in cartellone l’attesa “Pastorale“, in scena da giovedì 8 ottobre, ultime repliche oggi alle ore 17:30 e alle ore 21:00. La “poesia danzante” del Mº Micha van Hoecke fluttua sulle sublimi note della Sesta Sinfonia di Ludwig van Beethoven diretta dal giovane Maestro Marco Alibrando, introdotta da una Promenade, delicata parentesi su musiche di Gluck, Ravel, Debussy e Rossini: una selezione che, stilisticamente, anticipa la condizione, gli stati ed i moti dell’animo che l’ Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele restituirà egregiamente in sonorità beethoveniane.
Stretti nel sodalizio voluto dal Maestro van Hoecke, durante la Promenade, musicisti e danzatori si muovono insieme in un’unica bolla di suono e gesto: sul palcoscenico, infatti, spicca la presenza di alcuni dei maestri d’orchestra in piccole formazioni, protagonisti di eccellenti esecuzioni ed attiva partecipazione scenica.
Pathos e canto dell’amor perduto per le prime note, quelle della Mélodie dall’Orfeo ed Euridice di C. Gluck – (Violino: Pasquale Faucitano; Flauto: Paola Filippi; Arpa: Antonella Cernuto); seguono i tremoli ed i pizzicati cangianti del Assez vif-Très rythmé dal Quartetto per archi di M. Ravel, in Fa Maggiore, dedicato a Gabriel Fauré ed ultimato nel 1903 quando il compositore aveva solo 28 anni – (Violino I: Pasquale Faucitano; Violino II: Paolo Noschese; Viola: Rosanna Pianotti; Violoncello: Francesco Mariozzi); la velata sensualità tematica ed il canto del Dio Pan nelle Improvvisazioni su Syrinx e Prélude a l’Après-midi d’un faune per due flauti soli di C. Debussy – (Giuseppe Scavo e Paola Filippi); e l’ Andante, e Tema con Variazioni di G. Rossini, estratto dalla famosa aria “Di tanti palpiti“, dal Tancredi, nata per il capriccio della Malanotte, la prima interprete dell’opera che costrinse il compositore a comporre in mezz’ora un’aria che sostituisse la cavatina originale a lei poco congeniale – (Flauto: Giuseppe Scavo; Clarinetto: Marcello Caputo; Corno: Pietro Cannata; Fagotto: Filippo Barracato).
Mentre le note dell’ Orfeo, inevitabilmente, riportano alla memoria storica la forma coreutica del “ballet d’action” – che, ai tempi di Gluck, si faceva spazio come balletto narrativo, precursore del balletto romantico – la creazione del regista coreografo Micha van Hoecke mette in parallelo il rapporto opera d’arte/fruitore ed il rapporto Uomo/Natura, “più espressione del sentimento che pittura”. Intenzione prima è, infatti, offrire uno spettacolo che abbracci il pubblico nella complementare mescolanza delle sue forme d’arte – danza, musica, recitazione, pittura – per giungere alla costruzione di un teatro totale.Sul palcoscenico, i ballerini del National Theatre Belgrade insieme a Poesis – Ensemble di danza del Teatro Vittorio Emanuele, avvolti negli essenziali arredi di Paola Lenti.
Il sinuoso gesto di una danzatrice accompagna l’ergersi del velo azzurro cielo, macchiato da poche nuvole, aprendo così la scena all’ Allegro ma non troppo: l’arrivo in campagna ha i sapori della fiaba mozartiana con due figure che riconducono a Papageno e Papagena. Una danza di ninfe mascherate, vestite di morbidi veli, con fiori in mano, caratterizza l’Andante molto mosso–scena al ruscello, impreziosito dalla partecipazione di Denys Ganio, etoile e “Chevalier des arts et lettres” dal 1987, fondatore del “Ballet de Marseille“: classe 1949 ed affermato interprete camaleontico, nella “poesia danzante” ha brillato in carisma e presenza scenica nei panni di un poeta sognante, memore di quella straordinaria tecnica riconosciutagli e ricordata anche dal grande Roland Petit nel suo ultimo libro.
L’Allegra riunione dei contadini – con cesti di frutta fresca e sicuro riparo sotto un grande ombrellone – ridisegna, nel terzo tempo, il dipinto “Le déjeuner sur l’herbe” di Manet. Il tuono e la tempesta dell’Allegro in fa maggiore sono evocati dalle vorticose movenze di figure mascherate in nero fino a giungere all’Allegretto conclusivo, il Canto pastorale che, nel bianco degli abiti in tulle e pizzi – curati da Marella Ferrera – si apre alla gioia ed alla benedizione con le mani al cielo verso un punto lontano, attimo armonico di riconciliazione dell’uomo con il Cosmo.
Senza nulla togliere alla grazia delle coreografie e all’abilità dei danzatori, prima regina della serata è stata, indubbiamente, la musica. In buca, l’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele ha regalato un’esecuzione estremamente precisa e cristallina della Sinfonia tutta con, sul podio, il Maestro Marco Alibrando: una perfetta direzione, dalle morbide ampiezze, interamente votata all’estetica elegiaca – ed eccentricamente enigmatica – della “sinfonia caracteristica“, così come la definiva Beethoven.