“Il dubbio. Qui. Intorno” – Il Beckett di Roberto Bonaventura per “Atto Unico”
di Marta Cutugno
In seno alla rassegna “Atto unico. Scene di vita, Vite di Scena” 2014-2015 – direttore artistico Auretta Sterrantino – domenica 15 febbraio è andato in scena “Il dubbio. Qui. Intorno”. La chiesa di S. Maria Alemanna ha prestato il suo gotico fascino ad una rappresentazione tutta incanto ed il pubblico è stato volutamente immerso i n un vortice emotivo a un metro dai protagonisti, con la possibilità di catturarne da vicino sguardi e movenze. Le sedute disposte sui tre lati cingevano la scena ricavata al centro della chiesa: atmosfera sommessa, buio silenzioso ma aperto a nuova dimensione. “Il dubbio. Qui. Intorno” è uno spettacolo ispirato alla produzione drammaturgica di Samuel Beckett. In scena tre dramaticules: “Catastrofe”, “Passi” e “Improvviso dell’ Ohio” per la regia di Roberto Bonaventura e l’aiuto regia di Martina Morabito, scene e costumi di Adriana Mangano, oggetti di scena a cura di Chiara Salvo. Ad interpretare i tre brevi atti beckettiani, Donatella Bartoli e Alessio Bonaffini: occhi negli occhi e gesti nei gesti con il loro pubblico, i due ottimi attori hanno reso palpabile il senso dell’assurdo attraverso l’estrema mimica, l’incalzante ritmo narrativo, le potenti e suadentivoci. L’interminabile filo narrativo tessuto dal regista Bonaventura ha scandito il tempo di costruzione del legame tra interpreti e spettatori. Come suggestivo collante le musiche originali del cantautore Fabio Cinti.
In apertura, “Catastrofe”: attuale come non mai, il dramaticulecomposto in francese nel 1982, è considerata opera “politicamente impegnata” perché dedicata a Vaclav Havel, il drammaturgo dissidente fondatore del VONS (comitato di difesa dei perseguitati ingiustamente) che, imprigionato dai cecoslovacchi nel 1979, venne punito con il divieto di scrivere. Havel sarebbe poi divenuto il primo Presidente della Repubblica Ceca. Un uomo in vestaglia – qui impersonato da Vincenzo Bonaventura, critico e padre del regista Roberto – accompagnato e fatto salire su una base rialzata rispetto alla scena, immobile, zitto, tremante, viene posto al centro di una ossessiva analisi da parte dei due protagonisti. Segue una intensa lettura della biografia dello scrittore irlandese affidata a Alessio Bonaffini, un magnetico interprete in grado di stabilire sublime ed intimo contatto con il suo pubblico.
Poi “Passi”: il lento camminare di May, il suo avanti e indietro a scavare nell’anima, il trascinato scialle, il rumore dei tacchi. Inizia il sofferto dialogo con la madre morente – voce fuori campo – che condurrà ad un suo monologo narrante la storia di Amy – anagramma del suo nome – e alla sua lenta uscita di scena. Esistere e non esistere. Struggente, eccezionale l’interpretazione di Donatella Bartoli.
In conclusione “Improvviso dell’Ohio”. Sulla scena, i due personaggi seduti ai due lati di un tavolo rettangolare: un lettore e un ascoltatore in identici abiti scuri e parrucche chiare e lunghe a oscurare i volti. L’uno narra all’altro la storia di un messaggero che di tanto in tanto si recava nella notte a visitare e consolare un uomo afflitto per la perdita di una persona cara, raccontandogli una storia. Ed il narrare di qualcuno che narrando consola, riporta alla scena dell’ Improvvisostesso.
Gesti che si specchiano, medesimi movimenti, sospesi sospiri. Nello stesso raggio d’azione, un dialogo parallelo tra pubblico e interpreti, per scrutare ogni minimo cenno e comprederne il non detto. Ottimo consenso di pubblico palesemente coinvolto per la messa in scena di questo beckettiano dubbio, spettacolo di grande qualità che – con intento didattico – risulta potenzialmente in grado di sensibilizzare e diffondere il teatro di Beckett e non solo.
Davide Scimone fotografo