Efremrock: Confessioni di un Demone – Omaggio a Céline ai Magazzini del Sale
di Marta Cutugno
La tristezza del mondo assale gli esseri come può, ma ad assalirli sembra che ci riesca quasi sempre.
Messina. Ai Magazzini del Sale, il 17 e 18 marzo la Compagnia Efremrock ha dedicato un omaggio in drammaturgia a Louis Ferdinand Céline. In scena, per il pubblico dei Magazzini, “Confessioni di un Demone” spettacolo scritto e diretto da Paride Acacia, con aiuto regia Chiara D’Andrea. È il 31 dicembre e la scena si offre direttamente dal salone del coiffeur Ferdinand. In lucido delirio, tra assuefazioni da acqua ossigenata e dipendenza cronica da ammoniaca, la ricerca di un particolare tono di colorazione per i capelli, il biondo Bowie, riconnette tre personaggi dal palcoscenico alla vita, è anello di congiunzione tra tre linee esistenziali diverse. Nell’interazione tra l’acconciatore e le due sfasciate clienti, che sono una ballerina ed una scrittrice, vogliono emergere, a tutti i costi, alcuni tratti esclusivi della poetica celiniana: le accuse di antisemitismo, gli accenni ai pamphlet incriminati, l’anticlericalismo, l’analisi sul mondo della critica e su quello dell’editoria. La chiara intenzione è quella di puntare al nichilismo cosmico, concentrandosi sutre anime in pena quali strumenti di coscienza del fallimento, del becero compromesso, delle circostanze di facciata. Ma chi ti credi di essere? Un alchimista.
Pur muovendosi liberamente nella forma e nella struttura – con eccessi, seppur sporadici – il testo di Paride Acacia risulta spesso costretto ed appare forzato nei contenuti, lasciando che, rispetto a questi, la leggerezza di sempre perda il suo naturale orientamento, leggerezza che non è superficialità ma sguardo limpido e studiato sulle cose come avveniva in spettacoli già messi in scena e diretti da Acacia: penso al suo Camposanto Mon Amour sulla disgrazia di Giampilieri, o ancora più a Volevo essere brava ispirato i monologhi di Eve Ensler. Ma l’autore e regista ha puntato su tre ottimi attori che, con il potere graffiante dell’interpretazione, hanno messo in moto lo spettacolo ed in una veste più che gradevole: Gabriella Cacia si è imposta per autenticità e per verve disinvolta e diretta. Elvira M.Ghirlanda si è misurata grandemente con un ruolo che è giunto non particolarmente prossimo alle sue corde ma comunque riuscito e restituito nella giusta chiave con carattere e personalità. Di Michele Falica c’è poco o molto da dire: Falica è un attore straordinario, in grado di calzare con naturalezza le scarpe di qualsivoglia personaggio e di cucirsi addosso la vita di altri con molta naturalezza. Il mix tra il dire ed il fare, tra la comunicazione ed il movimento – con la cura coreografica di Sarah Lanza, il disegno luci di Giovanna Verdelli, le curate scenografie di Valeria Mendolia – risulta più che adeguato e va a colmare le falle nella scorrevolezza dell’insieme. Bilancio positivo, dunque, con sold out registrati a tutte le recite ed una replica in aggiunta a quelle in programma. Il pubblico ha dimostrato di essere coinvolto e divertito.
La verità è un’agonia che non finisce mai. La verità di questo mondo è la morte. Bisogna scegliere, morire o mentire. Non ho mai potuto uccidermi, io.