“Le nozze di Figaro” al Massimo di Palermo – briosa regia di Chiara Muti
di Marta Cutugno
“Non so più cosa son cosa faccio, ora son di ghiaccio, ogni donna cangiar di colore, ogni donna mi fa palpitar …”
Palermo. Applausi e consenso di pubblico per “Le nozze di Figaro” di Wolfgang Amadeus Mozart andata in scena al Massimo, in prima recita il 18 maggio, un nuovo allestimento del Teatro Massimo in coproduzione con il Teatro Petruzzelli di Bari ed il Teatro San Carlo di Napoli. A dare un tocco di gradevole omogeneità e nitore sono state senza dubbio la regia curata da Chiara Muti – assistente alla regia Marie Lambert – e le scene di Ezio Antonelli. Per l’opera buffa in quattro atti del compositore di Salisburgo, Chiara Muti indica ai protagonisti la strada della graziosa comicità mediante cura ed attenzione al singolo gesto e alle espressioni del viso attivando una narrazione su molteplici canali, scelte queste propriamente a sostegno dei tratti caratteristici del libretto che è opera dell’italiano Lorenzo Da Ponte ispirato a “Le mariage de Figaro” di Beaumarchais.Per la folle giornata entro le mura del castello del Conte di Almaviva, Ezio Antonelli predispone grandi strutture ad arco, piccole scale di accesso a corridoi sospesi con chiusure a vetri ed una piattaforma centrale che ruota in sintonia con il succedersi delle scene, per conferire un certo moto all’impianto stabile. Il colore preponderante è il bianco spezzato da colori che si mantengono tenui sul grigio azzurro ed il verde acqua, ritrovati anche nei bei costumi curati da Alessandro Lai. Il gioco di luci di Vincent Longuemare è più che adeguato e si muove in coerenza con l’andamento dell’opera buffa.
Sin dalle prime note dell’ouverture, la direzione del M° Gabriele Ferroalla guida dell’ottima Orchestra del Teatro Massimo si dimostra composta e canonica. Tutto al giusto posto, si direbbe, buona l’intesa tra buca e palcoscenico ed il supporto ai solisti, sostenuti e seguiti ad ogni intervento. Stilisticamente, tuttavia, la rilettura non suggerisce propriamente quella brillantezza mozartiana che ci si aspetta, procede in maniera piuttosto uniforme senza manifestare guizzi particolari e senza lasciarsi andare alla freschezza delle sfumature. Preparato ed attentissimo è il M°Giacomo Gati al fortepiano.
Apprezzato il Conte di Almaviva di Simone Alberghini: la voce è di buona ampiezza, l’interpretazione è piena e sostenuta dalla sua presenza scenica. Nel complicato ruolo della Contessa di Almaviva, Mariangela Sicilia lascia intravedere una linea vocale morbida, emerge con maggiore partecipazione negli atti più vicini al finale ma non travolge particolarmente. Spigliata e sicura è Maria Mudryakcome Susanna, una madama brillante dai colori vivaci e docili quando occorre e dalla interessante vocalità sfoggiata con naturalezza ed adesione al personaggio. Alessandro Luongo nel ruolo del titolo non giunge sempre sonoro, sicuramente più determinato nei pezzi caratteristici in cui dimostra una certa padronanza. Doti attoriali straordinarie per Paola Gardina che pur eccedendo nei vibrati, restituisce un Cherubino e farfallone amoroso di rispetto. Marcellina è Laura Chierici, una madama piccante e piacevolmente esuberante che diverte nell’intreccio della trama ma non sempre convince in emissione ed in agilità. Convincono, invece, il medico di Siviglia don Bartolo di Emanuele Cordaro e Bruno Lazzaretti nei panni del maestro di musica don Basilio dalla linea di canto ferma ed elegante. Giorgio Trucco, il giudice don Curzio, assicura una buona performance non esente da sporadici momenti di forzatura nel registro acuto. Gradevoli le interpretazioni di Daniela Cappiello(Barbarina) e Matteo Peirone (Antonio) che completano il cast. Seppur brevi come l’opera mozartiana prevede, gli interventi di paesani e villanelle da parte del Coro del Teatro Massimo diretto dal M° Piero Monti sono stati estremamente puntuali e corretti. Scroscianti applausi per tutti gli interpreti in scena fino al 26 maggio.
Rosellina Garbo Photographer