Sergio Castellitto a TaoBuk 2018 – cinema, narrazione e rivoluzioni interiori
di Marta Cutugno
Taormina. Causa pioggia e condizioni meteo avverse, l’inaugurazione e la cerimonia Taobuk Awards prevista per sabato 23 al Teatro Antico di Taormina è stata annullata. Rimandata dunque a data da destinarsi la consegna dei prestigiosi riconoscimenti TaoBuk a Amos Oz, Elisabeth Strout, Stefano Bollani, Carmen Consoli, Anna Valle e Ulisse Lendaro, Paola Cortellesi e Riccardo Milani, Marella Ferrera. Il pubblico al riparo sotto gli ombrelli ha a lungo atteso che le condizioni migliorassero per poter fruire anche degli interventi musicali in programma che sarebbero stati eseguiti dall’Orchestra del Teatro Bellini di Catania diretta da Paolo Silvestri, dal soprano Donata D’Annunzio Lombardi e da Stefano Bollani con Rhapsody in Blue di George Gershwin ed il suo Concerto Azzurro.
Nella mattinata di domenica 24 presso l’Hotel Villa Diodoro, l’attore, sceneggiatore e regista Sergio Castellitto ha tenuto un’interessante masterclass, “Ciak, il privilegio delle storie – Il cinema come lotta contro sé stessi”. Castelitto che ha interpretato alcune tra le pellicole che hanno fatto la storia del cinema europeo – da “La Famiglia” di Ettore Scola a “Le Grand Blue” di Luc Besson, “L’uomo delle stelle” di Giuseppe Tornatore, “Il Grande Cocomero” di Francesca Archibughi – negli anni si è poi dedicato alla regia con “Libero Burro” (1998), “Non ti muovere” (2004), “La bellezza del somaro” (2010), “Venuto al mondo” (2012), “Nessuno si salva da solo” (2015), e “Fortunata” (2017).
Ed è proprio per “Fortunata” che in apertura della Masterclass, il presidente e direttore artistico di Taobuk Antonella Ferrara ha consegnato un’opera scultorea realizzata dall’atelier orafo “Le colonne di Alvaro e Correnti”, tra le motivazioni il “sapere restituire l’avventura umana dei suoi protagonisti”. Nel dialogo con il critico cinematografico Claudio Masenza, Castellitto ha parlato della sceneggiatura come strumento, del cinema come l’insieme di tante scritture, del nesso tra poesia e cinema, del suo rapporto con la letteratura ed in primis con la scrittura della moglie Margaret Mazzantini. Castellitto, che ha sempre avuto il privilegio di esserne primo lettore, primo editor, ha attinto dai suoi scritti, dai racconti inediti, da soggetti per storie e romanzi, ricavandone trame, caratteri e personaggi per la realizzazione delle sue pellicole. Tutto è partito da “Non ti muovere” che definisce una sorta di “Accademia”: “Attraverso la lettura di quelle pagine mi sono accorto di quanto quella scrittura fosse visiva, cinematografica ed ho imparato la riscrittura cinematografica attraverso quelle parole”. Legato a Margaret Mazzantini da trentadue anni, il regista ha raccontato di questa unione senza nascondere emozione: “Da una parte è molto semplice e dall’altra sempre molto emozionante per me perché il rapporto di lavoro che ci lega è inscindibile dal rapporto umano, dalla relazione umana di amore e di fraternità, un elemento spesso dimenticato nell’amore”.
Partendo dalla definizione di letteratura come “eterna” ha operato un paragone con la scrittura stretta e stringata caratteristica del mondo social, a suo avviso una straordinaria possibilità per consentire a molti di intervenire in qualche modo che, tuttavia, proprio per queste sue caratteristiche è destinata ad estinguersi. “Nell’epoca digitale, la letteratura ha uno straordinario futuro”. Determinanti le sue riflessioni rispetto al titolo dell’VIII edizione del TaoBuk, Rivoluzioni. Rivoluzione, una “parola d’ordine che ognuno di noi, nella propria vita interiore e sociale, dovrebbe ripetersi ogni mattina”: a suo avviso e senza cadere in false rivoluzioni e falsi cambiamenti è necessario puntare e vigilare attentamente sulla cura della propria interiorità per vivere al meglio la dimensione sociale. E farlo tramite un atteggiamento “studentesco”, quella sorta di senso di inadeguatezza dinanzi le sfide della vita che ogni giorno ci metta nelle condizioni di avviare la nostra piccola e personale rivoluzione. In un momento storico come quello in cui stiamo vivendo, in cui “tutto è diventato scontri, rancore, furia, divisione” ed in cui la televisione si porta addosso una responsabilità atroce, restituendoci le cose essenziali dopo averle trite sotto la morsa della semplificazione, “la vita è una necessità continua di comunicazione con sé stessi e con gli altri”.
Tra i molti punti trattati anche il doppiaggio – “l’attore è la sua lingua, il suo accento, il suo idioma” – ed uno sguardo alle scelte personali dei protagonisti per un suo film, sostenute sempre dalla sostanza umana: “Non sono mai stato sedotto dal talento tout court, un attore deve innanzitutto piacermi come persona”, insistendo anche sulla possibilità di adattarsi alle esigenze ed, eventualmente, anche di cambiare in relazione alle possibilità. “L’attore è una penna, uno strumento che racconta una storia naturalmente nelle mani ed al servizio di un mondo poetico altrui”. Castellitto ritiene che teatro, cinema, televisione, seppur differenti nelle modalità tecniche, siano accomunate da identico dna della narrazione. “Io non recito, io racconto” […] un attore che si rispetti rivendica il diritto di firmare inbasso a destra” sostenendo anche una certa partecipazione personale, una autodirezione del protagonista al prodotto cinematografico.
Delineata la differenza tra film comico “un esercizio ginnico con una trama che galleggia” e commedia che reca in sé molte altre cose e non esclude malinconia e grottesco, Sergio Castellitto ha accennato al prossimo lavoro che lo vedrà impegnato l’anno venturo come regista ed attore nelle vesti di un libraio in una libreria parigina. Un copione ricavato da appunti, pensieri e riflessioni ma dalla grande unità stilistica tipica del cinema di Ettore Scola.
Ultima non ultima una stupenda riflessione scaturita da una delle domande rivolte dal pubblico presente in sala e che riguarda le donne. Allontanando ogni retorica per cui “parlare bene delle donne è diventata una moda”, il regista afferma “non parlo di femminismo ma di biologia sociale. Tutto quello che ho imparato, l’ho imparato dalle donne, da mia madre, dalle mie sorelle, da mia moglie. Il mondo femminile ha una supremazia interiore che l’uomo non riesce più a riconoscere […] e non riesce a sostenere un rapporto paritario”. Conseguenza di questa non accettazione è la violenza che, purtroppo, troppo spesso registriamo tra le notizie di cronaca.
Foto di Marta Cutugno