Catania: al Must Musco Teatro, LE MILLE BOLLE BLU con Filippo Luna
di Marta Cutugno
Un nodo alla gola che non può sciogliersi se non in profondissima e tenera commozione. Al Must Musco Teatro di Catania, all’interno della rassegna “Palco Off”, sabato 9 e domenica 10 novembre è andato in scena “Le Mille Bolle Blu“, uno spettacolo dall’intensità unica, scritto dal giornalista Salvatore Rizzo ed interpretato e diretto da uno straordinario Filippo Luna.
Tutto inizia dove tutto finisce. Nardino è solo sulla scena e si muove attorno ad una sedia da barbiere. Alle sue spalle, la grande foto in bianco e nero di due uomini al mare. Sin dai primissimi istanti, il pubblico è travolto da un vortice emotivo, completamente immedesimato e perduto tra i pensieri di Nardino, barbiere di borgata della Palermo anni Sessanta. Nei suoi ricordi delicati è custodito l’amore che lo ha unito per trent’anni ad Emanuele, avvocato della buona borghesia palermitana. Un amore omosessuale e clandestino. Impossibile. Vissuto nel desiderio inaspettato, nella ricerca nascosta di momenti di vita normale e di condivisione semplice, nella passione della carne e della cieca gelosia. È la morte di Manuè a scatenare in Nardino la fame del ricordo, per alleviare il dolore di quella devastante mancanza che, per segretezza, non può manifestare, proprio lui “il barbiere di Emanuele per trent’anni“, considerato al massimo “uno di famiglia“. Emanuele non è più tra i vivi ma quel distacco è solo apparente e si respira in una dolcissima, ed a volte rabbiosa, malinconia. Una vita, anzi due, di apparenze da mariti e padri esemplari, un trentennio di ridicole scuse per riuscire ad incontrarsi. Ed allora Nardino si ferma lì dove tutto è iniziato, su quella poltrona da barbiere, postazione del primo incontro, del primo sguardo, del primo bacio. La memoria vola sgargiante e libera tra mille immagini del passato, dalla prima intimità rubata in orario di chiusura del negozio alla notizia del fidanzamento ufficiale con una ragazza che fa precipitare Nardino nello sconforto. E poi le serate insieme, ritirate, lontano da tutti, “suli suli, ammucciuni, ammucciuni“. Nardino è davanti al suo pubblico attento e rapito, ma non è solo. C’è troppo – tutto – della rara purezza d’amore per non avvertire la potente simbiosi tra le loro due anime. Nessuna perversione, nessun pregiudizio o vittimismo. Una condizione tanto logorante quanto inevitabile nella Palermo di quegli anni, che risuona nelle melodie più gettonate del tempo, dalle Mille Bolle Blu del titolo ai Ventiquattro Mila Baci di Celentano. Ed il momento del passaggio porta a galla la visione più sensibile di quel trasporto viscerale che coinvolge i sensi: la tracciabilità di un profumo nei corridoi del tribunale, l’ascolto delle canzoni che sentono scorrergli nelle vene, il pensiero fisso a quando, soltanto tre settimane prima, aveva accarezzato i capelli di Manuè per l’ultima volta.
“Le Mille Bolle Blu” è tratto dall’omonimo racconto di Salvatore Rizzo ispirato ad una storia vera e compreso in un testo del 2007 edito da Pietro Vittorietti, “Muore lentamente chi evita una passione. Diverse storie diverse” di Salvatore Rizzo e M.Elena Vittorietti. Siamo davanti ad uno spettacolo che, nella straordinaria interpretazione di Filippo Luna, calca le scene da undici anni e che mantiene un suo pubblico. Tra i bisbigli prima della recita, non meravigliano le voci di spettatori alla seconda, alla terza visione in undici anni. Un successo acclarato che ha messo le sue radici nel panorama drammaturgico italiano grazie ad un testo che disegna fragilità e rabbia con fierezza di sentimento ed in maniera discreta. Quella di Salvatore Rizzo è una scrittura che può dirsi polifonica. Molte voci in una sola per muovere tutte le possibili corde e risvegliare, ricostruire l’essenza-presenza di Emanuele. Nel dire e nell’agire di Filippo Luna brilla il sentimento per l’amore di tutta una vita con una carica emotiva potente, che stravolge. La sua interpretazione è lirica, carica del lirismo di un’opera intera. Nardino innamorato, insicuro, carnale, disperato, ingenuo, geloso, affranto. Una costruzione articolata e complessa ma resa in modo così intimamente sentito e puntuale da giungere allo spettatore come se, per i suoi cinquanta minuti, ripetesse soltanto le due piccole parole “Ti amo“.
FotoInScena di Giuseppe Contarini